Il Protocollo d’intesa tra il Ministero della Giustizia, l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) e l’Associazione Bambinisenzasbarre Onlus, denominato “Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti”, è stato rinnovato, il 16.12.2021, per altri quattro anni.

La “Carta”, prima nel suo genere in Europa, riconosce il diritto dei minorenni alla continuità del legame affettivo con i genitori detenuti e mira a sostenerne il diritto alla genitorialità, invitando tutte le autorità giudiziarie ad adoperarsi in tal senso.

Nel 2021, fino al 30 novembre, sono stati 280.675 i colloqui tra i detenuti ed almeno un familiare minorenne.

Con l’accordo si intendono promuovere iniziative volte a consentire la realizzazione di spazi adatti per l’attesa ed il colloquio dei figli con i genitori, di momenti di incontro compatibili con la frequenza scolastica dei ragazzi, di mezzi adatti a consentire le videochiamate, nonché a supportare in ogni modo la genitorialità.

La “Carta” contiene, inoltre, una serie di misure volte a tutelare i diritti dei bambini costretti a vivere in una struttura detentiva con le madri (attualmente sono 19 i bambini al seguito di 17 madri detenute; a fine 2019 erano più del doppio: 48 minori e 44 madri presenti negli istituti di pena).

«La nostra meta è “mai più bambini in carcere”», afferma la Ministra della Giustizia Marta Cartabia, sottolineando che l’obiettivo è quello di lavorare affinché si riduca il più possibile quella «distanza degli affetti» che è provocata dalla detenzione.

Tutti i figli hanno il diritto di conservare un rapporto costante con i propri genitori, anche se questi sono reclusi. Assicurare la continuità dei legami familiari incide positivamente anche sul detenuto, nella prospettiva costituzionale della pena volta alla rieducazione. Per questo motivo, ribadisce la Guardasigilli,

«lavoriamo per carceri che aiutino a dare una seconda occasione».

«La Carta nasce da un lungo percorso iniziato dieci anni fa e rappresenta lo strumento che può cambiare la vita dei minori che Bambinisenzasbarre segue da vent’anni», ha aggiunto la Presidente dell’Associazione Lia Sacerdote. Grazie a tale spirito, la Carta italiana è diventata un modello per la prima Raccomandazione dei 47 Paesi del Consiglio d’Europa nell’aprile 2018, anticipando un percorso che gli altri paesi europei, e non solo, stanno ora affrontando.

La questione centrale del protocollo è quella di mettere in evidenza la priorità del benessere del bambino (art. 3 della Convenzione ONU), un tema culturale difficile che prevede una trasformazione di valori profonda che potrebbe non solo cambiare il carcere ma avere un’importante ricaduta sociale, in una prospettiva di comunità solidale ed inclusiva.

In questo senso, il carcere rappresenta un passaggio cruciale, essendo il nodo estremo di una società che si deve trasformare, soprattutto se solo si pensa all’azione di prevenzione nell’investimento sull’infanzia.

La sfida ultima è questa: riuscire ad intervenire sulle pratiche dell’accoglienza e della cura in carcere, rendendo i bambini che entrano a contatto con il sistema penitenziario “visibili” e tutelati rispetto ai pregiudizi e alle discriminazioni che permangono, in questi casi, all’interno della società.

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